Quando si rivolge a me, perché l’accompagni psicologicamente, si presenta come “terminale”: stona sempre questa definizione e ancor più quando è pronunciata da chi, come Patrizia, parla da un altrove.

“Terminale” origina – ed è un ossimoro – da “termine”: significa “limite estremo in senso spaziale e/o temporale” e “parola definitoria”. Mal qualifica quindi chi, come Patrizia, ha già superato consapevolmente tanti limiti interiori e tanto è destinato a viaggiare ancora, oltre la morte biologica, chi non può essere cristallizzato da un aggettivo che non riuscirebbe a fissare la natura intima in evoluzione, come lo sono le cellule, sane e malate. Solo chi, come Patrizia, ha familiarizzato con la morte e solo dopo si appresta a morire diviene “maestro di vita”.

Salute e benessere non sono necessariamente correlati in modo diretto: Patrizia è sanissima e l’incontro con lei è un regalo di vita offerto dalla morte, gentilmente.

Prima dell’ultimo viaggio mi chiede di aiutarla a far pace con la famiglia di origine, in realtà con l’unico fratello che si è aggrappato alla vita sottraendo dall’asse ereditario una parte di patrimonio. Patrizia ha cominciato da tempo a “lasciare andare”, a staccarsi dal materiale per viaggiare inconsistente in una dimensione spirituale fatta di ricerca costante, di elaborazione, di familiarizzazione con un ulteriore che sta oltre il velo del morire biologico. Eppure non può e non vuole rinunciare a decidere: a decidere non di perdonare, ma di condonare. Un’azione che si fa insieme, che impegna attivamente tutti gli attori in gioco. Con le ultime forze chiede al fratello di impegnarsi “semplicemente” in un perché, in una “verità”: in cambio lei condonerà la quota che le spetta. E’ un atto di forza, persino violento per un umano. E sembra avere tanto di umanamente materiale questa volontà, appare una debolezza quella di “fare i conti”. Eppure Patrizia, pur parlando già quietamente da un altrove, non intende rinunciare a muovere ancora la sua pesante e pensante umanità: solo così facendo può spostare il baricentro verso un punto di equilibrio, il più appropriato per lasciare andare davvero.

Rinuncio a comprendere tutto, molto mi sfugge di questo dialogo fra umano e post-umano che avviene in un presente di viventi. Quando da psicologo opero ai confini della vita mi interrogo sempre se sia mio compito comprendere tutto ciò che è narrato prima dell’ultimo viaggio oppure se sia più opportuno provare a prestare un ascolto “presente” anche a ciò che non si può comprendere. Con Patrizia tutto diviene facile, anche ciò che da questa parte del mare non si sente più. Buon viaggio.

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